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dicembre 2007

U LOCALE DEGLI IBLEI

servizio di Carmelo Maiorca   
fotografie di Daniele Aliffi

Buccheri è il più alto comune della provincia di Siracusa, a 820 metri di quota lungo le pendici del monte Lauro, remoto vulcano spento dal quale nascono IAnapo e gli altri fiumi che solcano da millenni l'altopiano deg: Ib:e:. Intorno al centro abitato si estendono boschi di pini, querce, castagni, noccioli, pioppi; un complesso forestale di rilevante valore naturalistico, piacevole da visitare seguendo appositi sentieri. Tra l'altro, nei pressi del paese si raggiungono facilmente alcune antiche neviere, costruzioni in pietra lavica utili a conservare la neve per la produzione del ghiaccio.
Nelle contrade circostanti, a caratterizzare il paesaggio sono gli olivi, molti dei quali secolari, dai quali si ricavano tipiche olive da mensa e rinomati oli extravergini a marchio dop che hanno contribuito a far conoscere la varietà autoctona tonda iblea.
In questo territorio che conserva significative testimonianze archeologiche, nelle diverse epoche si insediarono Siculi, Greci, Romani, Bizantini, Arabi. Furono probabilmente questi ultimi a fortificare il colle Tereo, sul quale in seguito i Normanni eressero un castello che, assieme alla baronia, sarebbe poi passato da una famiglia feudataria all'altra. Ai piedi di quel castrum medievale di cui oggi rimangono pochi ruderi si raccolse il nucleo originario di Buccheri. II borgo crebbe lentamente al di fuori del centro fortificato e, dopo il terribile terremoto del 1693, fu ricostruito nella sottostante vallata, il sito attuale.

Varcata la soglia
Nel cuore della cittadina, a lato della settecentesca chiesa di Santa Maria Maddalena dalla bella facciata barocca, una stradina conduce subito all'osteria U Lucale dei fratelli Formica. Intanto merita una descrizione il luogo, ricavato all'interno di un dammusu di antica data, con volte incurvate a botte e a crociera, in passato utilizzato come stalla e deposito di granaglie. Dammusu è vocabolo di radice araba che in Sicilia stava a indicare segrete di palazzi, magazzini e stanze - come queste - con strutture di copertura a volta.
Le due salette della trattoria sono arredate con credenze di fattura artigianale, mensole che espongono terrecotte e vecchi oggetti di uso domestico quali lumi a olio e macinacaffè manuali, attrezzi da lavoro contadini del tempo che fu. Ogni cosa ripescata in masserie di campagna, botteghe o abitazioni del paese. A vivacizzare le pareti sono affissi manifesti, locandine, attestati (le "chioccioline" di Osterie d'Italia) cornici e fotografie. E, ancora, grandi piatti di ceramica e canestri colmi di ortaggi posti accanto al camino di pietra, che viene acceso d'inverno. A climatizzare l'ambiente provvede l'originario sistema di aerazione naturale, mediante strategiche aperture in alcuni angoli dei muri, tecnica di cui più volte abbiamo constatato l'efficacia. Sebastiano Formica, classe 1965, viso rubicondo dall'espressione paciosa, ha aperto questo posto nel 1990. Prima - ci racconta - aveva lavorato nelle serre e fatto altri mestieri, ma la sua aspirazione era stata sempre quella di diventare cuoco. Vocazione coltivata fin da bambino apprendendo i primi rudimenti culinari tra i fornelli di casa, aiutando coi fratelli la mamma in cucina.

Poi, crescendo, la lettura curiosa e continua dei ricettari accompagnata dalla prassi, cucinando sempre più spesso, comparando, sperimentando e aggiungendoci di suo. A volte sbizzarrendosi come cuciniere nelle feste di paese, presentando al pubblico qualche manicaretto. Un percorso da autodidatta animato da innata passione, che nell'estate dell'89 lo portò a eseguire con buoni risultati classiche pietanze siciliane in Svizzera, a Lugano e a Zurigo, nell'ambito di una rassegna gastronomica internazionale. A invitarlo era stato uno chef, conosciuto l'anno prima durante una vacanza in terra elvetica, che casualmente aveva avuto modo di apprezzarne il talento.
A quella positiva esperienza con divisa con due amici,pure loro di Buccheri, seguì la nascita dell'Osteria u locale. Dopo qualche anno gli amici decisero di dedicarsi ad altro e Sebastiano rilevò l'esercizio, coinvolgendo nella gestione il fratello Giuseppe, di tre anni maggiore. Questi, messo da parte il diploma di perito elettronico, a partire dal 1984 si era nel frattempo fatto le ossa nella ristorazione, fra corsi di specializzazione ed esperienze lavorative, in Italia e all'estero, come cameriere, barman e aiuto-cuoco.
Di solito è Giuseppe che accoglie con approccio schietto i clienti e spiega le pietanze. Nei giorni di più intensa attività, a dargli una mano ai tavoli ci sono un paio di ragazzi e Monica, la moglie di Sebastiano, il quale governa stabilmente la cucina con l'aiuto di Gabriele.

Tre fratelli
Storia istruttiva quella dei fratelli Formica. Proseguendo la chiacchierata, nel loro background familiare affiorano i ricordi dei nonni paterni che nel forno a pietra facevano il pane co criscenti anche per conto terzi; del padre che lavorava in campagna ed era bravo a cucinare la selvaggina che cacciava; degli altri nonni, i genitori della madre, che erano piccoli agricoltori e vivevano nel vicino paese di Buscemi dove curavano la vigna, tenevano gli animali da cortile, vendevano il vino e la frutta che producevano.
Un retroterra di cultura contadina che si riflette nelle proposte gastronomiche della trattoria. Piatti saporiti, semplici ma non elementari, di solida tradizione popolare a volte integrata da personali e apprezzabili interpretazioni e accorgimenti. Sempre in sintonia con i cicli della natura, stravolgimenti climatici permettendo.
Per fare qualche esempio, la verace pasta coi peperoni è preparata esclusivamente nella stagione estiva e gli appetitosi tagliolini con cime di sinàpa, asparagi e finocchietti selvatici compaiono nel menù quando queste preziose verdure spontanee si possono effettivamente raccogliere; idem per i gustosi piatti a base di funghi: solo quelli freschi e carnosi provenienti dai boschi limitrofi e dall'Etna. La pasta è fatta a mano sotto forma di tagliatelle, di maccheroncini, di taglierini impastati con gli spinaci. Con la polvere di peperoncino è amalgamata l'aslan, nome ispirato dalla conoscenza di un amico macedone, nella cui lingua il termine significa "grande e forte". Invece dal mondo dei braccianti, dalle consuetudini di chi sgobbava nei campi sotto il solleone, deriva la pasta arricciata ca lumia (intendendo il succo di limone) che Sebastiano ha per così dire elevato, arricchendone il gusto con l'aggiunta di menta, prezzemolo e chiodi di garofano. Altra specialità recuperata dalla memoria agropastorale del territorio sono gli spiedini di pecora, pezzetti di carne disossata e lasciata macerare nel vino con gli aromi. Particolare è anche la lattuchedda, il muscolo addominale bovino che era "il filetto dei poveri", qui elaborata mediante zie e aromi. Ma non si possono dimenticare le lumache a stricasale (con olio, peperoncino, sale e origano), il succulento stinco di maiale al forno, le trippe, fra cui u centupeddi, buone sia coi fagioli sia con la parmigiana di melanzane.
I vari tagli di carne e i salumi - pancetta, soppressata, capocollo, lardo - Sebastiano li prepara da sé in una macelleria di fiducia ubicata a pochi metri dalla trattoria. Mentre nell'orto di casa coltiva cipolle, zucchine, pomodori, melanzane, zucche, rucola, peperoni, peperoncini e un bell'assortimento di piante aromatiche quali rosmarino, alloro, maggiorana, aneto, origano, prezzemolo, basilico, salvia, coriandolo. lutti ingredienti che utilizza nei suoi menù. L'invidiabile bagaglio di conoscenze include le erbe e le piante selvatiche che crescono nel circondario, tipo rosa canina, sambuco, piccole mele cotogne, citronella che il nostro raccoglie e adopera per distillare digestivi liquori casalinghi, offerti a fine pasto alla clientela. Di propria produzione sono anche parte dell'olio usato in cucina (ottenuto dalle cultivar tonda iblea e marmurigna), nonché gli stuzzicanti paté di olive nere, peperoncini, pomodori secchi e basilico, venduti in vasetti di vetro.
I biscotti secchi, una specie di cantuccini che in trattoria non mancano mai, sono commercializzati da Corrado, un terzo fratello della famiglia Formica. Un panificio del paese fornisce a sua volta la crosta per i cannoli, riempiti con deliziosa crema di ricotta lavorata con zucchero e cannella, e i funciddi, tipico biscotto di Buccheri a base di mandorle, miele e farina. Sebastiano ha comunque intenzione di trovare la soluzione logistica (la cucina del locale è troppo piccola allo scopo) per potere sfornare lui stesso biscotti, dolci e, innanzitutto, il pane.
La scelta del vino, di cui si occupa Giuseppe, comprende un piccolo elenco di etichette siciliane. Prodotti dignitosi, perlopiù Neri d'Avola e Cerasuoli che si sposano abbastanza bene con quello che arriva nei piatti. Bottiglie onestamente ricaricate, coerentemente con quello che si spende per mangiare.
Per questo torniamo sempre volentieri all'Osteria u locale, valorosa sentinella buona, pulita e giusta sul cocuzzolo degli Iblei.

 

Tratto da © SlowFood 31 dicembre 2007
Per gentile concessione

 
 
 
 

 

 

Osteria U Locale dei fratelli Formica via Dusmet 14 Buccheri  (Sr) tel +39 0931 873923 prenotazioni 3341399451 chiuso il martedi

 

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